[Libro] Pastorale Digitale 2.0

Pastorale Digitale CopertinaPastorale Digitale 2.0 sceglie la strada esperienziale per riflettere sull’annuncio del Vangelo nel mondo d’oggi: l’esperienza dell’autore, con un percorso di vita originale e allo stesso tempo comune a tanti, fa da filo conduttore; le esperienze e le riflessioni presentate in varie occasioni da diverse persone offrono pennellate efficaci al quadro che si viene colorando attraverso le pagine del testo.

Soprattutto viene presentata una esperienza, in cui tutte le altre confluiscono: il Servizio di Pastorale Digitale dell’Ufficio Comunicazioni Sociali in Diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, che propone una  presenza coordinata e un metodo originale di dare voce alla Chiesa che cammina al passo con i tempi, accanto alle persone.

Una esperienza, quella della Pastorale digitale, che rappresenta in questo momento anche una proposta riproducibile in tante realtà diocesane e associative, perché “annunciare” oggi vuol dire anche “uscire” dagli strumenti tradizionali, cartacei e radiotelevisivi, vuol dire “abitare” le nuove realtà comunicative, immergersi nell’ambiente e nel linguaggio della rete e fare i conti con i tanti strumenti che il web mette a disposizione.

La capacità di “testimoniare” la carità del Vangelo oggi si misura con cambiamenti di mentalità e di cultura fortemente influenzati dalle possibilità della tecnologia, che è necessario comprendere a fondo.

“Educare” è dunque un impegno prioritario, verso gli operatori e verso tutti coloro che sono coinvolti dalle iniziative pastorali.

Il libro di Riccardo Petricca offre un contributo interessante su questi temi, e rappresenta una importante occasione per la continuazione del Convegno ecclesiale di Firenze del novembre scorso. Il testo si sviluppa con uno stile narrativo che facilita la lettura; attraverso le pagine il lettore viene accompagnato a cogliere un intero percorso personale e comunitario che da sostanza all’iniziativa di Pastorale digitale: la premessa “vocazionale” e “ministeriale” di chi si impegna in modo qualificato e sensibile per la diffusione del Regno dei Cieli nel mondo d’oggi; la condivisione ecclesiale, nella comunità parrocchiale o associativa, perché nessuno di noi è un testimone solitario; la partecipazione alla vita della Chiesa, necessaria per trasmettere con fedeltà alla verità e con amore il contenuto autentico del Messaggio evangelico e le tante occasioni di carità vissuta; la conoscenza anche tecnica degli strumenti, che hanno un proprio stile e una propria logica, che va conosciuta per essere utilizzata al meglio.

Non c’è che da augurarsi che esperienze analoghe si moltiplichino e diano frutti.

Link del libro: www.pastoraledigitale.org/il-libro

Andrea Tomasi

docente di Sistemi Informativi – Università di Pisa membro del Consiglio Direttivo di WECA – Associazione Web Cattolici italiani.

 

Prefazione

 

Non è facile individuare in che genere testuale si possa catalogare questo piccolo ma prezioso libro dal titolo “Pastorale Digitale 2.0”. In verità il titolo comunica con efficacia e immediatezza lampante che tratta dell’utilizzo a fini pastorali dei media più avanzati, e dunque già circoscrive in qualche modo il campo alla comunicazione nel mondo cattolico e giovanile. Ma non è uno studio sistematico di tipo sociologico, neppure un sussidio pastorale per chi volesse provare nella propria realtà ecclesiale a praticare le vie digitali per la pastorale, anche se potrebbe sicuramente giovarsene. È un racconto, che a tratti prende le tinte coinvolgenti ed emozionanti del romanzo, ma romanzo non è. Un protagonista racconta di sé, del suo personale viaggio alla riscoperta della fede e pare che si avvicini al genere autobiografico, ma presto la sua storia si immerge e si intesse con quella di altri, pochi intimi amici dapprima, poi il cerchio presto si allarga e la sua voce solista di narratore, che fa da filo conduttore, si intreccia con altre voci che testimoniano di una storia comune, anzi una storia di comunione, che prende il via e va avanti, corre, vola sul web e ben presto, molto prima di quanto ognuno potesse immaginare, comincia a mostrare risultati copiosi se non strabilianti. Sotto gli occhi stupiti e increduli degli stessi protagonisti i dati parlano chiaro, i numeri confermano: la Pastorale Digitale funziona, funziona alla grande!

Ma andiamo con ordine. Quando Riccardo Petricca nella sua prima mail mi chiese se ero disposta a “dare un’occhiata e una correzione” al testo che mi inviava, fatto di vari interventi e contributi da lui raccolti in merito “all’esperienzadi questo primo anno di Pastorale Digitale”, perché desiderava pubblicarlo, non sapevo bene che tipo di pubblicazione avesse in mente e intendesse realizzare. Da qualche mese, da quando cioè, il 23 ottobre 2014, un cambiamento epocale voluto da Papa Francesco aveva unificato la mia Diocesi di Montecassino e la sua, quella di Sora-Aquino-Pontecorvo, ero stata anch’io cooptata nel team di Pastorale Digitale e collaboravo ormai regolarmente inviando articoli e foto sulla vita diocesana nella mia zona. Ma ancora non conoscevo bene né le singole persone né questo gruppo giovane e intraprendente che aveva formato, appunto, la “Pastorale Digitale”. Così ne ho appreso la storia, non solo e non tanto i fatti, quanto le radici profonde e motivazionali che hanno generato quei fatti, gli sviluppi degli eventi ed i percorsi, anche inediti, di crescita umana e spirituale delle persone, unite in un’unica cordata, in una “carovana solidale”. Una squadra ben coesa ma aperta, tanto offline quanto online, che ha saputo anche affrontare i momenti difficili dovuti per esempio ai tranelli insiti talvolta nel mondo digitale, ma si è interrogata e, tutta unita, ha trovato il modo di volgere in bene e in un discorso educativo verso i più giovani, quello che poteva determinare un fallimento o quanto meno una caduta. E di tutto il suo cammino dà ora una efficace e viva testimonianza.

Una storia affascinante, capace di trasmettere l’entusiasmo, serio e gioioso, che ha animato i suoi protagonisti, a cominciare da quel vulcano di idee e lavoratore instancabile che ha nel sangue la “malattia” dell’animatore di Azione Cattolica, nell’animo la passione del mistico e la disponibilità perenne dell’amico fidato, nella mente ben chiari i segreti della tecnologia, nel curriculum professionale la carica e le competenze di Project Manager e di Team Leader, che si chiama Riccardo Petricca. In una mail mi confidava: “Il lavoro è tanto ed impegnativo ma la Pastorale Digitale 2.0 oltre ad essere un sogno è un progetto che, giorno dopo giorno, da quasi un anno, con fatica ma anche con tanta soddisfazione e risultati, si fa più vero e reale grazie al lavoro e alla collaborazione di tutti. Il tempo è poco ma appena posso soprattutto la notte ci lavoro…”.

E aggiungeva: “Penso che sia una grande opportunità per la nostra Diocesi ma anche per tutta la Chiesa e vada fatta conoscere e valorizzata”.

Me ne sono convinta anch’io. Questa storia, che è una storia di vita vera, una testimonianza individuale e comunitaria, una storia di Chiesa, merita davvero di essere conosciuta, capace come è di contagiare, dilagare, espandersi anche in altri e diversi contesti.

D’altronde, sono ormai tanti anni che la Chiesa riflette sui nuovi media, lo testimoniano i 49 Messaggi pontifici per le Giornate Mondiali delle Comunicazioni Sociali e i numerosi convegni nazionali e locali organizzati in Italia dalla Cei e dalle diocesi.

Già nel 2002 il Convegno nazionale “Parabole mediatiche: fare cultura nel tempo della comunicazione”, culminato con l’udienza speciale del Santo Padre, ispirò le indicazioni degli Orientamenti pastorali per il primo decennio del 2000 “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia” e segnò l’inizio di un lungo cammino di studio e discernimento sulle nuove tecnologie comunicative. Seguirono altri convegni e seminari in cui furono coinvolti tutti gli uffici diocesani delle Comunicazioni Sociali, tra cui – per citare solo i più importanti – “Chiesa in rete 2.0” nel 2009, “Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale” nel 2010, “Abitanti digitali” nel 2011. La Chiesa italiana, in maniera attenta, ha continuato a promuovere occasioni di incontro e di approfondimento su quello che Benedetto XVI chiamò il “continente digitale”, con la volontà di capire i mutamenti operati dalle nuove tecnologie nei modelli di comunicazione e nelle relazioni umane, per non rimanere meri consumatori, ma “testimoni della vivacità della fede cristiana anche in questa nuova cultura”.

Questo libro si presenta ora come uno dei frutti di quella ricerca e quella riflessione. Non basta “capire”, occorre mettersi alla prova. Il leitmotiv del libro è la frase del Vescovo “non bisogna solo mettere in rete, bisogna mettere in comunione”, perché lo sforzo della Pastorale Digitale è proprio quello di dare un’anima al web, non accontentarsi, non basarsi solo sulle competenze puramente tecniche né prenderla come un passatempo divertente ma, dato l’elevato livello di interazione possibile tra il sito web o il social e l’utente, qualunque utente, interagire per comunicare valori e stili di vita, nel profondo.

Dunque, è un’esperienza concreta di annuncio e di evangelizzazione vissuta sul campo e replicabile, che testimonia la “vivacità della fede cristiana” anche in questo nuovo modo di fare pastorale, un modo attuale, “incarnato” nella contemporaneità, che parte dal cuore di una comunità credente e motivata, cammina nella rete potendo arrivare a tutti, indistintamente, coinvolge e fa parlare i giovani aigiovani e non solo, sa creare comunione ed è aperto al futuro. È il frutto di un nuovo percorso vocazionale, quello della “Vocazione Digitale”. E il gruppo che è nato, svolge in diocesi il “Servizio di Pastorale Digitale”.

Leggere il libro aiuta a capire, ma poi basta connettersi per entrare in rete, anzi: “in comunione”.

Adriana Letta

Postfazione

 

Quando un testo si lascia leggere tutto d’un fiato è perché ti coinvolge, ti incalza e ti provoca a sfogliare di continuo pagine da divorare. Significa che le parole sono quasi trasfigurate dalla passione del cuore, superano le attese e le previsioni dello stesso lettore, dilatano i confini delle sue esplorazioni. La lettura, ininterrotta, si lascia sublimare in una forma di “compagnia” gradevole e confidenziale che facilmente si stabilisce con l’autore del testo. Parlo di Riccardo Petricca, che ringrazio con particolare debito di riconoscenza.

Il titolo dello scritto potrebbe far pensare ad una ripetuta e stucchevole presentazione delle tante piattaforme comunicative, i cosiddetti “social network”. Nulla di tutto ciò. Il contenuto non tratta neppure di un’indagine sul tema della comunicazione, con i suoi relativi processi pervasivi e dinamiche non di rado dirompenti. Tutt’altro.

L’ignaro lettore si imbatte sin dai primi racconti in una storia di vita, quella dell’autore, tramite alcuni significativi quadri e scorci rappresentativi di luoghi, persone ed esperienze vissute in prima persona. L’autore sa coniugare abilmente, con un pizzico di saggia scaltrezza, l’autobiografia quale facile “esca” per attirare il lettore nella rete della comunicazione empatica. Riccardo parte dal “raccontarsi”, ripercorrendo tratti salienti delle sue esperienze di vita: da quelle più “profane” a quelle propriamente “spirituali”, tutte significative ed espressive di un processo di crescita continuo e progressivo, imprevedibile per lui stesso, ma non per questo casuale. Ci aiuta così a scoprire una forma di comunicazione quasi confidenziale, sentita e partecipata. Non solo: Riccardo ci aiuta a superare il livello banale di una narrazione fatta di informazione in cui si parla di altro o di altri, per farla diventare una forma di “consegna” di sé al lettore. Il primo beneficiario del racconto autobiografico è proprio colui che lo compone. In un colloquio personale, poco tempo fa Riccardo mi confidava: “Il racconto del mio vissuto ha aiutato proprio me a crescere e a rileggere la mia vita… dopo tanti anni scrivendo e rileggendo la mia storia mi accorgo che ogni esperienza fatta, compresa quella terribile del dolore e della sofferenza, era per me propedeutica ed aveva un fine ultimo… quand’anche ogni cosa sembrava ingiusta e senza senso, nulla, assolutamente nulla, accadeva a caso”.

L’arte di educare, al di là del suo significato tradizionale di attività rivolta al “trarre fuori” e al “nutrire” una crescita e orientarla, si definisce oggi piuttosto come l’arte di formarsi a partire dalla propria storia, è partecipare attivamente ad un processo di autoformazione di cui è protagonista lo stesso soggetto in crescita nella direzione di una conquista piena di umanità. Fare autobiografia è formarsi; anzi, è formarsi due volte. È rileggere la propria formazione e mettere in moto un ulteriore processo di crescita. L’obiettivo di questo processo è dare forma alla soggettività del singolo, favorirne lo sviluppo personale, secondo un modello proprio e flessibile al tempo stesso. Poiché non si è mai completamente formati, ma ci si forma “per tutta la vita”.

L’intuizione molto originale che si sprigiona progressivamente in questo scritto è la traslazione del lettore da alcuni quadri autobiografici alla descrizione della “pastorale digitale”, rivisitata secondo il metodo e i processi formativi dell’autobiografia. Pertanto, alla domanda: “Cos’è la pastorale digitale?”, la risposta che da queste pagine apprendiamo potrebbe essere espressa così: la pastorale digitale della diocesi è l’autobiografia di una Chiesa particolare! La pastorale digitale delinea il volto di una Chiesa che si racconta, e perciò si forma due volte: perché comunicando rilegge il suo cammino formativo, e allo stesso tempo provoca un ulteriore processo educativo, proponendosi ulteriori traguardi. La vocazione della “pastorale digitale”: favorire una forma di autobiografia di una Chiesa particolare, quella di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, che si racconta e si lascia educare dalla sua storia raccontata, riflettuta e condivisa. Resta allora valido l’assioma che abbiamo assunto sin dall’inizio di questa stupenda avventura digitale: la pastorale digitale deve “integrare” e non “aggregare”, deve saper “mettere in comunione”, e non solo “in rete”. Come Chiesa non immettiamo informazioni in rete per dare semplice “notizia” delle attività della diocesi. Desideriamo, piuttosto tenacemente, “mettere in comunione” la vivacità poliedrica di una Chiesa che si riconosce nelle storie di vita di tutti i volti e i nomi di persone e di comunità che condividono la fede in Gesù Cristo, incarnata nel tessuto culturale e sociale del nostro territorio. Il cammino di ciascuno diventa la crescita di tutti! La Chiesa è comunione perché vive la storia di una grande famiglia. Con la pastorale digitale vogliamo che questa fraternità sia concretamente costruita e vissuta attraverso il “racconto”, diventi sinfonia di anime che si incontrano, volti che si incrociano nel segno della fraternità spirituale, membra attive che si abbracciano per la composizione di un corpo ben articolato, pietre vive cementate dall’amore per un grande e stupendo edificio spirituale.

+ Gerardo Antonazzo

Vescovo di Sora Cassino Aquino Pontecorvo

Pastorale Digitale Copertina

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